Carissimi,
ci sono momenti in cui è un dovere far sentire la propria voce rispetto ai fatti che stanno accadendo.
Sono momenti, questi, in cui è difficile trovare le parole.
Penso di interpretare il sentimento di tutti nel dire che siamo sgomenti, attoniti di fronte a tale crudeltà.
Pochi, probabilmente, hanno capito le motivazioni che hanno determinato una simile aggressione, e credo che nessuno conosca le vere ragioni che stanno alla base delle bombe e dei carrarmati che incedono imperturbabili, violando la quotidianità di un popolo vicino e fraterno.
Ma sicuramente in molti concordano nel ritenere “che solo cervelli poco sviluppati, nel terzo millennio, possono pensare alla guerra come strumento accettabile per la risoluzione dei conflitti” (Gino Strada).
Molti di noi hanno conoscenti, parenti che stanno soffrendo per familiari o amici che provano in questi giorni paura, angoscia, abbandono, ma soprattutto un enorme senso di ingiustizia e di delusione. Nessuno di noi ha interesse a capire da quale parte del confine essi si trovino, siano ucraini o russi.
Nelle ore più buie è difficile pensare con serenità al futuro ma se si vuole costruire la pace è in questi momenti che la scuola deve impegnarsi.
Facciamo quindi del nostro meglio.
Partiamo dal costruire la cultura della pace.
Chiedo a tutti i docenti di ogni ordine e grado di scuola del nostro istituto di aprire il dialogo con i loro alunni sui fatti che stanno accadendo, partendo dal nostro testo costituzionale che all’art. 11 recita:
L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente in condizione di parità con gli altri stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni, promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
In queste settimane è importante sottolineare le difficoltà che bambini e ragazzi, coetanei dei nostri alunni, stanno vivendo. È necessario soffermarci a riflettere sulle conseguenze che la guerra causa. Sì, perché, oltre alla morte e all’inevitabile sacrificio umano che comporta, la guerra provoca altri dolori non meno forti.
Costringe famiglie a separarsi, bambini, anziani e spesso donne a scappare di notte, lasciando case, amici, abitudini, animali domestici, e intraprendere lunghi viaggi per cercare rifugio in paesi, estranei e per lo più sconosciuti, che all’improvviso vengono vissuti come unica possibilità di salvezza.
Facciamo fare disegni, scrivere poesie, realizzare racconti che rendano questo momento un motivo di crescita, di rielaborazione dell’importanza di vivere in pace, per tornare a sorridere guardando al futuro.
Con tutto l’affetto e la stima nel lavoro dei miei docenti, auguro buon lavoro
La Dirigente Scolastica
Prof.ssa Morena Passeri
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